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L’olio che verrà: Campagna olivicola 2021 - La Madia Travelfood n° 353 - gen-feb 2022



L’olio che verrà: Campagna olivicola 2021

Le previsioni ottimistiche di primavera non sono state rispettate. Caldo, siccità, sbalzi di temperatura e alluvioni, hanno influenzato negativamente la stagione; la produzione è in crescita ma inferiore alle attese.

Le previsioni ottimistiche di primavera non sono state rispettate. Caldo, siccità, sbalzi di temperatura e alluvioni, hanno influenzato negativamente la stagione; la produzione è in crescita ma inferiore alle attese.


La Madia Travelfood n° 353 - gen-feb 2022

A cura di Antonietta Mazzeo Capo Panel Olio, Tecnico ed Esperto degli Oli d’Oliva Vergini ed Extravergini, Membro del Panel DISTAL il Comitato Professionale di Assaggio di oli d’oliva, Aspirante Assaggiatrice di Olive da Tavola, Consigliere dell’Associazione Nazionale Donne dell’Olio, Direttrice Generale di COER Movimento Turismo dell'Olio Emilia-Romagna


Contrariamente alle ottimistiche previsioni primaverili, il 2021 non è quell’annata da sogno che si prospettava, la stagione della molitura delle olive è terminata e si possono già trarre i bilanci.


Ad influenzare negativamente la stagione, gli eventi climatici estremi; tutte le regioni indistintamente ne hanno subito le conseguenze gelate primaverili al nord e in parte nel centro Italia che hanno ritardato le fioriture, poi le grandinate estive, che hanno dato il colpo di grazia. Prima una siccità perdurante con punte estreme di temperatura un po’ ovunque, ha causato un generale raggrinzimento delle drupe e, spesso, e le piogge e le alluvioni dopo.


Le alte temperature estive e la bassa umidità hanno contenuto parassiti e patogeni, con le dovute eccezioni indotte dai differenti microclimi, che caratterizzano la distribuzione dell’olivo nel nostro paese. Le piogge settembrine, tanto attese, hanno permesso alle colture di reagire, ma al tempo stesso, queste condizioni, in alcuni casi hanno creato un contesto ottimale per la mosca olearia.


A rafforzare i danni climatici la mano criminale dell’uomo che, soprattutto in alcune regioni meridionali, ha favorito il propagarsi di incendi boschivi che hanno compromesso, (si pensi, ad esempio a quanto accaduto in Sardegna, in Calabria e in Sicilia, grandi estensioni coltivate a olivo).


In Italia, l’annata olivicolo olearia del 2021-2022, è stata in moderata ripresa +15%, (anche se con forti differenze tra il Nord e le aree del Centro e soprattutto del Sud, rispetto all’annata, negativa, del 2020-2021), ma non sufficiente a recuperare il disastroso risultato della scorsa annata: -26% sulla campagna 2019-2020.

Secondo la Coldiretti che insieme ad Unaprol (una delle principali organizzazioni di produttori olivicoli) e Ismea, in questo 2021 avremo 315mila tonnellate (dati relativi a fine novembre), più del 2020, quando furono 273mila, ma comunque molto meno rispetto alle cifre che caratterizzano una buona annata. Si ricordi ad esempio le 429mila tonnellate del 2017 o le 506mila di quella super annata che fu il 2012.


A sostenere la produzione è il sud d’Italia, in primo luogo la Puglia, che nonostante il possibile incremento produttivo rispetto allo scorso anno, con un miglioramento in alcune aree con punte del +40%, resterà distante della produzione delle buone annate (200mila tonnellate); i volumi produttivi sono stati in parte condizionati dalla siccità: dove c’è stata disponibilità di irrigazione di soccorso si è riusciti a tamponarne gli effetti disastrosi, ma con costi di produzione più elevati. Da segnalare nel Salento l’entrata in produzione di numerosi impianti di Fs-17 o Favolosa, varietà resistente al batterio Xylella fastidiosa.La Sicilia, dopo alcune stagioni di difficoltà, potrebbe tornare sopra le 40mila tonnellate, mentre in Calabria si registra un lieve incremento, ma distante dalla produzione massima regionale, mentre è in controtendenza la Campania la cui produzione è attesa in diminuzione. In Abruzzo e in Molise, nonostante la siccità, la produzione registrerà un aumento del 10%, con un prodotto di discreta qualità. Per Marche e Sardegna si prevede una contrazione delle rese, sarà invece un’annata negativa per Umbria, anche se la qualità sarà ottima, e Toscana, con punte del -50%, mentre la produzione rimarrà invariata nel Lazio. Grave crisi per le regioni del Nord, Lombardia in testa, colpite da periodi di gelo e grande caldo che hanno ridotto al minimo la produzione con stime che variano dal -60 al -80%.


L’acqua fa la differenza, così come le regioni meridionali che contribuiscono in maniera rilevante alla produzione, la siccità ha evidenziato la differenza, in termini di sviluppo delle olive e quindi di produttività, tra gli oliveti condotti in asciutto, e quelli in irriguo, evidenziando l’importanza fondamentale di disporre adeguate disponibilità idriche. In questa situazione critica l’irrigazione di soccorso, anche in territori dove fino a pochi anni fa sembrava superflua, ha permesso di contenere il problema e ridurre i danni.


La produzione non soddisfa, la domanda interna, questa situazione crea notevoli scompensi al mercato, le industrie dell’olio non riescono a fare previsioni su quanto prodotto italiano potranno imbottigliare e devono fare sempre più ricorso alle importazioni.

L’Italia è il primo importatore mondiale di olio di oliva, che proviene principalmente da Spagna, Grecia, Tunisia, Portogallo) ed è il paese che ne consuma di più: quasi 13 litri/anno pro capite; è invece il secondo esportatore mondiale. Il 50% dell’export nazionale è rivolto a quattro Paesi: in primo luogo gli Usa, che accolgono il 30% del prodotto italiano, poi Germania, Giappone e Francia.


In questa situazione i consumatori e le imprese italiane, gravati già dagli aumenti derivanti dagli incrementi dei costi di produzione interni, devono anche sperare che il prezzo di produzione all’estero non salga troppo, ma purtroppo gli indicatori delle ultime settimane dicono che l’extravergine spagnolo è cresciuto del 42,3%, mentre in Grecia lo stesso indicatore segna un +16% e in Tunisia addirittura un +52%.


Il recupero della produzione rispetto allo scorso anno è ancora molto distante dai livelli produttivi di dieci anni fa, il rischio è che quest'anno l'Italia, per conservando il primato sulla qualità, venga in termini di quantità, non solo superata, come accaduto lo scorso anno sia dalla Spagna che dalla Grecia, ma anche da altri paesi produttori.


L’assoluta necessità di recuperare i volumi produttivi ripropone con forza il tema degli investimenti; interventi strutturali di rinnovamento degli impianti e recupero degli uliveti abbandonati, non sono più rinviabili; dobbiamo puntare sull’innovazione, senza trascurare la diffusione di buone pratiche, sull’ammodernamento degli oliveti e su strategie integrate di gestione del rischio.





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